<i>"The Name of Our Country is América" - Simon Bolivar</i> The Narco News Bulletin<br><small>Reporting on the War on Drugs and Democracy from Latin America
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Narco News Issue #42

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Nella discussione congiuta sull’analisi della realtà nazionale, 1 ottobre

Parole del delegato Zero


di Subcomandante Insurgente Marcos
L’Altro Messico

5 ottobre 2006

Parole della Commissione Sesta dell’EZLN nella discussione congiunta sulla situazione nazionale, il 1° ottobre del 2006, nella sede del Fronte Popolare Francisco Villa-Indipendente (UNOPII), Messico, D. F.

Buona sera compagni e compagne.

Per prima cosa vogliamo ringraziare Il Fronte Popolare Francisco Villa Indipendente (UNOPII) che è l’anfitrione di questa riunione, ed in particolare i compagni del Fronte qui a Pantitlán, che sono quelli che ci ricevono.

Presento i compagni della delegazione:

La compagna Comandante Grabiela, delegata uno.

Il compagno Comandante Zebedeo, delegato due.

La compagna Comandante Miriam, delegata tre.

La compagna Gema, delegata quattro.

La compagna Comandante Hortensia, delegata cinque.

La compagna Lupita, delegata cinque e un quarto.

Il compagno Comandante David, delegato sei.

Il compagno Comandante Tacho, delegato sette.

Questi compagni e compagne comandanti, sono stati nominati dalle comunità per inviare un messaggio speciale al popolo di Atenco ed alle prigioniere e prigionieri politici di quel movimento. Ieri siamo stati lì a parlare con l’assemblea degli ejidatarios.

Le compagne Comandante Grabiela, il Comandante Zebedeo e la Comandante Miriam, rimarranno qui nel DF, in attesa dei compagni di Atenco, e nelle mobilitazioni di appoggio per la libertà e la giustizia per i detenuti e le detenute di Atenco.

Ed i compagni, Comandante David, la Comandante Hortensia, la compagna Lupita, la compagna Gema ed il Comandante Tacho ritorneranno domani in Chiapas per informare del messaggio che hanno consegnato i nostri compagni di Atenco alle comunità zapatiste.

Non poche volte, nella nostra lotta, mancano mediazioni tra la nostra concezione generale della realtà in cui viviamo, la teoria, e le sofferenze che ci fanno ribellare.

A volte, si tende a vagare per le strade apparentemente infinite della teoria, nella speculazione, ed arrivare al presunto principio della conoscenza dell’io cartesiano: “io solo so che non so nuotare”.

Altre ci concentriamo tanto su un aspetto della realtà che non possiamo sollevare lo sguardo in tempo per vedere il colpo che si abbatterà su di noi.

Si può dire che per questo bisogna applicare gli elementi teorici alla realtà, e scoprire così le relazioni che esistono tra gli individui e le cose, e tra gli individui tra loro.

La teoria che ci convoca ne L’Altra Campagna e come EZLN, permette di smontare in astratto gli ingranaggi dal sistema capitalista, in parte con un pacchetto di concetti: per esempio, lo stabilire le relazioni economiche come la colonna portante di tutto un sistema sociale. Cioè, quello che è in gioco in qualunque parte di una società è una relazione economica. Ed anche definire che in quelle relazioni economiche la proprietà, il proprietario delle cose o delle persone, è quello che segna un sistema. Non basta allora, segnalare che esistono alcune relazioni economiche, bisogna aggiungere che in queste c’è una relazione di proprietà. Qualcuno è proprietario di una o più cose e persone che si stanno relazionando.

Secondo il nostro pensiero, nel capitalismo ci sono rapporti di lavoro, o di produzione, nei quali qualcuno è proprietario di una parte e qualcuno non ha niente.

C’è un salto, dunque, tra i concetti basilari per comprendere una società e quello che si vede, vive e muore in un luogo specifico di quella società.

C’è chi compie una complicata manovra che, lo confessiamo, noi non capiamo bene. Per esempio, per “abbassare” i concetti teorici si ricorre ad analisi ed esempi… della Russia zarista!

Dal Chiapas al Distretto Federale, passando per Quintana Roo, Yucatan, Campeche, Tabasco, Veracruz, Oaxaca, Puebla, Tlaxcala, Hidalgo, Querétaro, Guanajuato, Aguascalientes, Jalisco, Nayarit, Colima, Michoacán, Guerrero, Morelos e lo Stato del Messico, il passaggio dell’Altra, cioè, l’ascolto collettivo che convoca, non ha incontrato esempi, bensì realtà che confermavano il presupposto fondamentale della sua vocazione: il sistema capitalista in Messico sta sviluppando una guerra su tutto il territorio nazionale.

Dieci anni fa, dicemmo che nel neoliberismo si distrugge e si spopola, e quasi simultaneamente si ricostruisce e si riordina. Le rovine del nostro paese sono nascoste non solo sotto la scenografia del Messico che vede la schizofrenica classe politica messicana (una delle cui parti “si sveglia” sul divano della frode elettorale e scopre che la politica è in realtà ciò che è, una merda), ma anche sotto i grandi centri commerciali, le catene alberghiere, i centri storici privatizzati, campi da golf, i corridoi industriali, maquiladoras che appaiono e scompaiono con la stessa celerità.

Immaginiamo un territorio devastato dalla guerra, ridotto ad un mucchio di rovine, con la gente assente o dispersa, senza nessun senso di umanità, cioè, di collettivo che gli dà identità, direzione e passo.

Le analisi della nostra realtà che hanno presentato i compagni di UNIOS, del Partito dei Comunisti, e del Fronte Popolare Francisco Villa-Indipendente (UNOPII), ci aiutano a capire quello che sta accadendo su vasta scala, a livello nazionale.

Le testimonianze che abbiamo raccolto nell’Altra Campagna ci confermano in luoghi concreti, in situazioni concrete, con nomi e cognomi, quello che il sistema capitalista sta facendo nel nostro paese.

Non aggiungeremo altro a quello che hanno già detto i compagni e le compagne di queste organizzazioni aderenti alla Sesta Dichiarazione e all’Altra Campagna. Siamo d’accordo con loro che dobbiamo di nuovo sollevare la richiesta di libertà e giustizia per i detenuti e le detenute di Atenco; e concordiamo, inoltre, che Oaxaca non rappresenta solo un’urgenza da risolvere e che bisogna appoggiare, ma è anche un esempio di organizzazione.

Come Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, vorremmo solo aggiungere a quanto hanno detto i compagni di UNIOS, del Partito dei Comunisti e del Fronte Popolare Francisco Villa-Indipendente (UNOPII), che noi zapatisti, per vedere la situazione nazionale, guardiamo in basso, più in basso che si può.

E in basso troviamo Lupita.

Per lei, un racconto…

(Il seguente racconto è un frammento del Prologo al libro “ L’Altra Campagna di Salute Sessuale e Riproduttiva per la Resistenza Indigena e Contadina in Messico”, edito dal collettivo Brigada Callera, del D. F. – aderente alla Sesta e all’Altra – di prossima pubblicazione).

L’Amore secondo l’Andulio .

Era agosto, ma 11 anni fa. Pioveva. Io mi trovavo nella capanna della comandancia. Tentavo di costruire una trappola per un topo che stava distruggendo la mia magra biblioteca di montagna. Devo dire che si trattava, è giusto è ammetterlo, di un topo istruito, perché aveva una marcata preferenza per i classici. Avendo divorato le edizioni di “Sepan cuántos” dell’Iliade e L’Odissea, iniziava a rodere la prima parte de L’Ingegnoso Hidalgo Don Chisciotte de la Mancha, quando lo scoprii.

La trappola che stavo preparando era di una crudeltà sofisticata: consisteva in un compendio delle proposte dei partiti politici elettorali.

Sicuramente sarebbe morto di indigestione.

Arrivò allora l’Andulio e si sedette sulla panca, al mio fianco. A differenza di altre volte in cui l’Andulio si interessava a quello che stavo facendo, quella volta sospirava solo profondamente, con lo sguardo perso. Al principio me ne rallegrai, pensavo che finalmente l’Andulio aveva capito che non mi piaceva che mi interrompesse con domande esistenziali.

Al settimo sospiro mi preoccupai e gli domandai che cosa gli succedeva.

La Rosita -, disse l’Andulio come se dicesse “ guardate questa mortale ferita che non si chiude e nella sua luce si rinnova“.

Devo dirvi che la Rosita era, allora, una bambina di circa 6 anni (ormai dovrebbe essere una giovane nubile) che viveva nel villaggio dell’Andulio. La Rosita giocava con la banda dei bambini di “San Tito” che normalmente comprendeva, oltre all’Andulio, la Mariya (che era qualcosa come la capa della combriccola), l’Andresito (che era la matricola alla quale tutti danno una manata), il Huber (il bullo della banda e fratello della Rosita), e la Rosita (che era la silenziosa e discreta).

Fu l’Andresito che spiegò quello che succedeva all’Andulio:

Senti, Chiup, se mi dai un palloncino ti dico che l’Andulio è innamorato della Rosita, ma se non me lo dai allora non te lo dico -.

Io, senza smettere di denotare la mancanza di capacità di negoziare dell’Andresito, cercai un palloncino mentre guardavo l’Andulio di traverso.

L’Andulio nemmeno si era accorto che l’Andresito l’aveva denunciato, cosa grave.

Dissi all’Andresito di venire con me a pescare nella laguna.

La laguna non era una laguna, ma una pozzanghera molto grande formata dalle piogge in mezzo al bosco alla periferia di “San Tito”. Non c’erano pesci, era una pozzanghera, ma l’Andulio e l’Andresito normalmente mi invitavano a “pescare” ogni volta che dovevano sfuggire alla Mariya ed ai suoi rimproveri per non aver fatto i compiti della scuola autonomo zapatista. Non sempre li accompagnavo, ma a volte mi sedevo con loro sul bordo della pozzanghera ed ascoltavo in silenzio le conversazioni che si svolgevano tra quei due bambini zapatisti. A nessuno di noi sembrava turbare il fatto che non avevamo nemmeno il filo per pescare, la versione ufficiale era che stavamo pescando. E lì, seduti e chiacchierando, trascorrevamo il tempo fino a che il pomeriggio diluiva i suoi ultimi colori nell’ombra di una prematura notte.

La mamma dell’Andulio mi raccontò una volta che i due bambini arrivavano a raccontare storie incredibili, che avevano pescato un “ monstro“ nella laguna e che il “monstro“ voleva mangiarsi il Zup, che il Zup aveva molta paura ma che l’Andulio aveva colpito in testa il mostro e l’aveva neutralizzato e che l’avevano gettato un’altra volta nella laguna, perché avevano capito che il mostro si era arrabbiato perché l’avevano tirato fuori dall’acqua, ed il Zup era contento che l’Andulio gli avesse salvato la vita, ed allora gli aveva raccontato una storia ed era per questo che avevano fatto tardi ma che l’indomani avrebbero fatto i compiti.

E la Mariya:

C’è forse un mostro nella laguna? Ma se ci sono solo salamandre e rospi -.

E l’Andulio:

C’è -.

E la Mariya:

Non c’è -.

E l’Andulio:

C’è, vero Andresito? -, ma a questo punto l’Andresito si era già addormentato, in piedi ed appoggiato alle gambe di sua madre. – Non c’è -, insisteva la Mariya. – C’è un monstro, ma esce solo quando ci sono bambine. Chiedilo al Zup -, così l’Andulio aveva chiuso la discussione.

Ogni giorno, nel pomeriggio, quando la scuola e le molte faccende lasciavano loro un po’ di tempo, la banda dell’Andulio appariva nel nostro quartiere. C’erano anche la Mariya e la Rosita, ma forse intuendo il significato del cartello che posto a lato della capanna recitava “ Club di Tobi. Non sono ammesse le donne“, se n’erano andate con le insurgentas per quello che chiamano “solidarietà di genere”.

L’Andulio, senza che nessuno glielo chiedesse, si avvicinava a quello che stavo facendo, tentava una conversazione e, se non era assecondato, andava al focolare dove la truppa insurgente preparava il secondo dei due pasti che compongono la dieta zapatista.

Una volta, dopo che l’Andulio se n’era andato, si sono presentati sulla porta della Comandancia tutti i maschi insurgentes. Alla domanda di cosa stesse succedendo, risposero:

L’Andulio ha detto che il Sup stava guardando donne nude -. **

- Err… Per forza sono donne nude, è un libro di anatomia - dissi mentre con un passamontagna sporco coprivo una rivista “spinta”.

Ma, bene, vi stavo raccontando di quel pomeriggio quando andammo con l’Andresito a “pescare” nella laguna de San Tito.

Portammo l’Andulio che camminava come uno zombi.

Mentre l’Andresito raccoglieva pietre per essere pronto nel caso il “monstro “ fosse comparso, mi sedetti vicino all’Andulio. Accesi la pipa ed aspettai in silenzio, sapendo che le ferite che l’amore infligge non ci mettono molto ad alleviarsi, in vano, con le parole.

Senti Zup, che faccio? -, l’Andulio ruppe così il silenzio ed aggiunse: – Forse mi amerà? -

Io stavo per descrivere all’Andulio diversi modi per suicidarsi, alcuni eleganti, altri ordinari, quando l’Andresito ritornò con un carico di pietre che, per il loro volume, dubito che avrebbero potuto fare alcun male al presunto “monstro” della laguna.

Non ti vuole, io l’ho già chiesto – disse l’Andresito mentre sistemava le pietre in mucchietti.E che cosa le hai chiesto? -, domandai afferrando una pietra e la fionda dell’Andulio, nel casso fosse vera la faccenda del “ monstro” ed io lì disarmato e col mio presunto difensore, l’Andulio, ferito gravemente ed irreparabilmente moribondo per colpa della Rosita. – Le ho chiesto chiaramente se avrebbe sposato l’Andulio -, rispose l’Andresito caricando la sua fionda. – E che ti ha detto? -, insistetti mentre provavo la mira contro un albero. Fallendo. – E’ scappata urlando a casa sua, ma io l’ho visto nei suoi occhi che avrebbe detto no -, disse l’Andresito centrando l’albero.

Non mi sembrò una conclusione obiettiva, cosicché tentai di spiegare all’Andulio che non tutto era perduto, che l’Andresito sicuramente non aveva guardato bene negli occhi della Rosita e che la cosa più sicura era che chi lo sapeva se l’avrebbe amato o no.

E che questi casi la cosa migliore era continuare ad alimentare l’incertezza, perché poteva essere che, in effetti, non lo avrebbe amato ed io sarei rimasto senza protettore e che sarebbe successo se adesso fosse comparso il “ monstro“ e allora sì che Roma era perduta.

L’Andulio mi guardò con attenzione mentre ascoltava la mia argomentazione che, detto per inciso, era migliore che quella delle autorità elettorali per giustificare l’imposizione di Felipe Calderón come presidente del Messico.

Quando terminai, l’Andulio, dimostrando che era sintonizzato su un altro canale, domandò:

E questa signora Roma è bella come le donne nude che guardi? -

Io rimasi in silenzio, incerto se riprovare a mirare l’albero o la testa dell’Andulio.

Perché la Rosita è bella -, disse l’Andulio sorridendo col volto illuminato. – È bella, ma è una bambina -, intervenne l’Andresito dimostrando che, a differenza dell’Andulio, anche lui era ancora bambino. – -, disse l’Andulio mentre recuperava la sua fionda e prendeva una pietra dal mucchietto.

L’Andresito cominciò a prendere la distanza. Un rullo di tamburi presagiva lo scontro. Beh, in realtà non suonò niente, ma è per darvi un’idea del clima. Ma se non si sentì alcun tamburo, si sentì invece lo scricchiolio che annunciava la caduta del ramo di un albero.

Il monstro! -, gridò l’Andresito scappando. Dietro di lui, ma alla stessa velocità, corse via l’Andulio. Io mi alzai con un’eleganza che nemmeno Gandalf nel Signore degli Anelli, mi assicurai che non ci fosse nessuno a guardare, e corsi abbandonando la mia dignità e le pietre che l’Andresito aveva raccolto.

Un altro giorno, nel pomeriggio, arrivarono l’Andresito e l’Andulio alla capanna della Comandancia Zapatista.

L’Andresito aprì la conversazione:

Senti Chiup, siamo venuti a vedere se eri morto -.**

- Non sono morto - , dissi con falso orgoglio.

E il monstro? -, domandò Andresito guardandosi attorno nervoso. – È morto. Lo combattuto e sconfitto e l’ho fatto a pezzi -, dissi mostrando orgoglioso un pezzo di stivale rotto.

L’Andresito spalancò gli occhi in un misto di ammirazione e spavento, ma non osò toccare neppure la “pelle” del “monstro”. Se ne andò dicendo che andava a vedere se trovava un osso del “monstro” per farsi una spada magica. Rimase l’Andulio.

Solo allora mi resi conto che l’Andulio sorrideva da un orecchio all’altro con una faccia da “domandami come mi è andata”.

E come ti è andata? -, gli domandai accendendo la pipa. – Io credo che sì, che mi amerà, ma la cosa più sicura è chi lo sa, improvvisamente sì, credo. È che me ne stavo seduto a bere il mio pozol. Non stavo pensando a niente. Me ne stavo lì, così, a guardare. In quello è arrivata la Rosita e si è seduta accanto a me *-.*

- E che ha detto? -, chiesi ansioso.

Non ha detto niente . Però è rimasta seduta con me fino a che ha finito il suo pozol -.**

- E tu? -, insistetti interessato.

Anche io ho finito il mio pozol, se no inacidiva. Era molto nervosa -, disse l’Andulio con la faccia di “fatti carico della mia situazione”. – Ed allora che cosa farai? -, chiesi morbosamente. – Io? Tu, tu scriverai una lettera, una lettera d’amore e cose così -. **

- Mmm… una lettera d’amore e cose così… ma Andulio, la Rosita non sa leggere! -, dissi per scoraggiarlo… e per eludere il compito.

Non ancora, ma va alla scuola autonoma zapatista ed un giorno saprà leggere e la leggerà e si innamorerà di me -. **

- E poi? -, domandai.

L’Andulio si fece pensieroso. Come se non avesse considerato questa parte. In quel mentre tornò l’Andresito.

Non ci sono ossa del monstro -, disse deluso. – I mostri non hanno ossa. Hanno dentro alcuni fili di ferro magici… come questo -, dissi prendendo dal suolo un cavo che doveva essere di qualche apparato radio.

L’Andresito rimase pensoso. Dopo un momento disse :

E chissà se il monstro aveva figli che sono cresciuti e sono arrabbiati perché hai strappato la pelle del loro papà monstro e verranno a mangiarti? -.

Trangugiai la saliva, ma mi ricomposi rapidamente:

Da quando i mostri mangiano subcomandanti? – **

- No? E mangiano i bambini? -, domandò impaurito l’Andresito.

Solo se si chiamano Andrés -, dissi di sfuggita.

Allora fu l’Andresito ad ingurgitare saliva, ma si ricompose anche lui:

Allora mi metterò un altro nome di battaglia e non sarò più “Andresito” -. **

- A sí? E come di chiamerai? -.

- Chuip -, disse l’Andresito e prese una delle mie pipe.

Non si può perché io già mi chiamo così -, gli dissi strappandogli la pipa. – Sí, però io sono l’altro Chuip! -, esclamó l’Andresito che si riprese la pipa e scappò via.

Ero in dubbio se correre con un machete dietro l’Andresito, o avvisare per radio la guardia perché lo fermassero e torturassero fino a fargli consegnare la pipa, o denunciarlo a sua mamma perché gliele suonasse, o cercare di corromperlo come se si trattasse di un funzionario elettorale, o consolarmi del fatto che la pipa aveva ormai il bocchino rotto.

Prima di decidere, l’Andulio interruppe i miei pensieri e mi ricordò della lettera per la Rosita.

Gliela scrissi e l’Andulio scarabocchiò il suo nome come firma. Piegò con cura la lettera e la mise in un sacchetto di plastica.

Andò via.

Questo che vi racconto è stato più di undici anni fa. Ora la Rosita deve essere ormai cresciuta.

Forse l’Andulio non le consegnò la lettera.

O forse sí.

O forse l’Andulio ancora le consegnerà la lettera.

Forse l’Andulio e la Rosita, sotto il tetto di quelle lettere, troveranno i loro corpi e si incontreranno una mattina. Forse un lampo percorrerà la loro pelle. Forse i loro sospiri rinomineranno ogni parte nuova che nascerà dalle carezze.

O forse no.

Forse sono altri gli occhi che svelano l’Andulio, altre le gambe che si intrecciano alle sue, altra l’acqua che assetato beve.

Forse è un’altra la mano che percorre la geografia della Rosita, un altro l’abbraccio che cinge la sua vita, un altro il corpo che monta fino alla dolce stanchezza.

O forse l’amore, quell’impertinente, spia ancora nell’ombra.

E forse l’Andresito ha trovato finalmente un osso del mostro, e si è costruito una spada magica ed ora la brandisce sfidando il potente, come si sollevano le ribellioni nell’Altra Campagna, in tutti gli angoli del Messico… ed in terre zapatiste, nelle montagne del Sudest Messicano.

Forse…

Bene. Salute e, in qualsiasi caso, forse anche per tutto questo serve questo libro. Il Sup affilando la spada dell’alba.

Messico, Agosto- Settembre 2006.

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