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Chiapas: il nuovo volto della guerra - Parte I

La disputa per le “terre recuperate”


di Andrés Aubrey
La Jornada

28 marzo 2007

Il nuovo inquinamento che perturba la cosiddetta zona di conflitto si deve a vecchi protagonisti che hanno cambiato tattica, si son dati un volto nuovo ed altri nomi: URCI e Opddic. Prima di identificarli ed analizzare la preoccupante, profonda e pericolosa trasformazione del nuovo panorama della Selva Lacandona, è importante ripercorrere il processo dal principio fin alla recente situazione rivelata dalla raffica di comunicati che non sono arrivati dal Comando Generale, ma dalle giunte di buon governo di tutti i suoi caracol. L’obiettivo attuale della contrainsurgencia si presenta come una confusione della geografia territoriale, per restituire ai loro antichi padroni “le terre recuperate” o progressivamente liberate dall’EZLN dai tempi della sua clandestinità.

La disputa per le “terre recuperate

Prima che esplodesse il conflitto, i padroni della selva furono successivamente tutte le cacce per il saccheggio della sua ricchezza forestale: i chicleros, le proprietà latifondiste anticostituzionali progressivamente convertite in allevamenti di bestiame, i narcos e 400 lacandoni finalmente “concentrati” da Echeverría in quella che oggi è la riserva nazionale della biosfera Montes Azules. Tra queste proprietà esistevano spazi deserti, le terre nazionali, che hanno offerto terre per le migrazioni di contadini senza terra con la promulgazione della “ apertura della frontiera agricola” da parte di José López Portillo. In questo spazio nacque nel 1983 l’EZLN.

Nella seconda metà del sessennio di Carlos Salinas de Gortari, gli zapatisti erano già un forte movimento, ancora clandestino, punto di convergenza di decine di migliaia di emigranti che aspiravano a far loro la selva, culla della loro civiltà, formando lì nuovi ejidi tramite ingannevoli iter burocratici mai conclusi. L’EZLN si presentò come un esercito di difesa, per proteggerli dagli antichi padroni: cioè, come anticamente il presidente Lázaro Cárdenas aveva dotato di armi i contadini perché potessero difendere i loro primi ejidi e le prime scuole rurali, così l’EZLN ha ripulito progressivamente la selva da coloro che l’avevano usurpata.

I primi ad andarsene via sono stati i narcos, pertanto la polizia (già onnipresente) si disfò delle sue armi, offrendole senza problemi agli zapatisti, perché li confondevano con pistoleri dei latifondisti, ma non gliele vendevano (ovviamente illegalmente) senza un addestramento previo. Così ebbe inizio un brutto momento per i latifondisti, ma anche il momento buono per i contadini: continuavano a recuperare terre con ejidi in formazione fino a che Salinas, nel 1992, riformando l’articolo 27 della Costituzione, dichiarò che non c’erano più terre ripartibili. Sotto la pressione del primo gennaio 1994, i latifondisti abbandonarono la selva.

Da allora, l’EZLN diede inizio alla sua fase pubblica. Per creare le condizioni del primo dialogo di pace, quello della Cattedrale, la diplomazia del commissario Camacho riuscì a creare una “ zona grigia”, senza militari (grosso modo quella delle ex-terre nazionali) ed in cambio l’EZLN liberò l’ex-governatore Absalón Castellanos Domínguez. Poi, dopo quel tragico 9 febbraio 1995 che mise a rischio la tregua concordata il 12 gennaio dell’anno precedente, si promulgò la legge del dialogo del 11 marzo (di recente anniversario), che rese possibile un altro dialogo, quello di San Andrés. La zona grigia di Camacho, ma senza lui in questa nuova circostanza, si trasformò nello spazio nel quale l’EZLN, conformemente alla nuova legge, si stava trasformando da movimento armato in “forza politica”, con la creazione progressiva e pacifica dei municipi autonomi zapatisti. Da quel momento, i nuovi padroni contadini della selva si stavano rafforzando. A partire dal 2003, la creazione dei caracol ha dato luogo ad un enorme sforzo pacifico e politico, retroalimentando scuole e cliniche alternative, programmi di agroecologia ed una promessa di commercio alternativo e diretto (senza intermediari) di prodotti organici.

Questo spazio di ejidi (basati su di una risoluzione presidenziale favorevole ma mai eseguita) è quello che l’EZLN chiama “terre recuperate”, non solo dal punto di vista agrario ma anche in termini di gestione sociale. Oggi, con URCI, Opddic e perfino latifondisti i cui antichi possedimenti sono già stati pagati molto bene dal governo, questa realtà è un’altra volta minacciata a dispetto della cancellazione della ripartizione agraria di Salinas nel 1992, oggi in via di legalizzazione da parte della Procura Agraria a beneficio di questi nuovi usurpatori. Ciò che c’è in gioco, pertanto, è un ritorno allo status quo antecedente a quello degli antichi padroni pre-guerra. Le vittime non sono solamente zapatisti, ma anche gli altri contadini non affiliati all’EZLN, beneficiari pure loro della gestione plurale dei caracol.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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