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Migliaia si ribellano in Chiapas contro il neoliberalismo

A quasi 13 anni dall'insurrezione armata, spiegano i risultati dei governi autonomi zapatisti


di Hermann Bellinghausen
La Jornada

5 gennaio 2007

Oventic, Chis.. 30 dicembre – Ad un giorno dal 13° anniversario della sua insurrezione armata, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale ha accolto simpatizzanti di 30 paesi, aderenti tutti alla Sesta dichiarazione della Selva Lacandona, in quello che il tenente colonnello Moisés, a nome della Zezta Internazionale, ha definito “un incontro di resistenze e ribellioni contro il capitalismo ed il neoliberalismo mondiale che ha preparato e progettato la morte e la distruzione dell’umanità e della natura”. Ed è quindi un incontro su come prepararsi e continuare ad organizzarsi per resistere e combattere il “nemico comune” dell’umanità.

“Questo incontro è una necessità ed un’urgenza” – ha aggiunto davanti a più di mille visitatori del mondo ed almeno altrettanto basi d’appoggio provenienti da tutte le regioni dell’autonomia zapatista, oltre alle cinque giunte di buon governo (JBG) e circa 200 autorità di tutti i municipi autonomi del Chiapas.

Con i popoli del mondo

Li unisce la ricerca della strada per “costruire un mondo migliore, dove ci stiano tutti i mondi”. All’inaugurazione dell’Incontro dei popoli zapatisti con i popoli del mondo, questo pomeriggio nella spianata del caracol di Oventic, il tenente colonnello Moisés ha detto che si cerca di “trovarci per conoscerci e condividere le esperienze di come ci stiamo organizzando e come stiamo portando avanti le lotte di ogni popolo, di ogni movimento, di ogni settore e di tutte le persone”. Un luogo dove lotta di uno, o quello dove lottano molti, siano uno solo.

La JBG de Los Altos, “corazón céntrico de los zapatistas delante del mundo”, nel suo ruolo di anfitrione, ha dato il benvenuto ai partecipanti “nel nostro territorio che è anche la vostra casa”. Oggi “cominceremo ad ascoltarci: come sono i nostri modi di resistere ai mal governi e così di costruire alternative per un mondo dove quelli che comandano, comandino ubbidendo”.

L’incontro che continuerà fino al 2 gennaio, ha come tema iniziale l’esposizione dettagliata delle esperienze di governo delle comunità zapatiste. Quindi il tavolo d’inaugurazione era occupato dalle cinque JBG, che hanno descritto per due ore che cosa significa governare nell’autonomia e come la intendono gli zapatisti.

Con il pieno totale dell’ampio auditorium di questo caracol, si sono succedute le voci di uomini e donne indigene che governano nel modo zapatista, e che imparando insegnano. “Alcuni di noi non sanno leggere né scrivere, ma sappiamo pensare” – hanno detto. Sotto i passamontagna, era lo stesso evidente la giovane età della maggioranza: appartengono ad una nuova generazione di zapatisti. Di fatto, alcuni sono già frutto dell’educazione autonoma dei ribelli. E questo pomeriggio si sono ascoltate qui alcune definizioni acute e molto alternative di concetti che si presumono fissi, come governo, politica, autonomia o partecipazione democratica.

In un castigliano marcatamente indigeno, Miguel, membro della JBG di Roberto Barrios, ha spiegato: “Noi non riceviamo uno stipendio per essere governo, perché siamo poveri”. Deve tremare qui il vetusto assioma del professor Carlos Hank González, che diceva che “un politico povero è un povero politico”, assioma portato avanti fino alla nausea dal salinismo e dal foxismo. Per governare il paese – ha detto Miguel – bisogna essere come il paese, “che non ci sia differenza”. In questo modo il potere “si prende gioco” di esercitare le responsabilità pubbliche, perché “non ci rispetta”.

Il comandante tojolabal Brus Li, che ha coordinato le relazioni delle JBG - aveva definito: “L’autonomia è un modo per prenderci in considerazione tra noi stessi”, perché qui “il governo è altro”. “Non dipendiamo dai politici. Noi decidiamo come vogliamo che lavorino le nostre comunità”. E questo “non somiglia al sistema dei capitalisti neoliberali” nel quale “il governo comanda ed i paesi ubbidiscono”. Ha precisato: “quando ci siamo alzati in armi non avevamo questa esperienza. Non c’è manuale che dica come si fa il governo”, ma gli zapatisti si sono impegnati a riuscire a far sì che “si governi proponendo, non imponendo”.

Con interesse ed entusiasmo crescenti, tutti ascoltavano testimonianze e definizioni che, nonostante arrivino dalla nota ideologia zapatista basata sul famoso “comandare ubbidendo”, hanno dimostrato una vitalità rivelatrice. “Vogliamo essere differenti dai mal governi che decidono per loro proprio beneficio” – ha detto Jesús, della JBG de La Realidad. Come altri suoi compagni, ha spiegato che non è facile, ma “il popolo ci appoggia e si incarica delle nostre famiglie quando dobbiamo lavorare” durante i tre anni di durata dell’incarico. “Abbiamo avuto risultati, anche ostacoli e problemi. A volte ci sembra di non farcela, dato che siamo esseri umani, ma il popolo deve vedere quello che ci capita e ci aiuta a superarlo. Siamo orgogliosi di essere autonomi”.

Roel ha detto che “una delle sfide più importanti è la partecipazione delle donne nell’autonomia”. La prima JBG de La Realidad aveva solo una donna. Tre anni dopo, la nuova giunta è composta da sette uomini e sette donne. Ofelia, del caracol di Morelia, ha descritto come mi è costruito “il tessuto del sistema di educazione, salute, produzione e tecnologia appropriata” e Beto, anche lui della JBG Arcoiris de la esperanza, ha detto che questa autonomia non c’è né sui vocabolari né nella Costituzione. “La viviamo dalla casa, dalla comunità e da lì a tutta la società”. Come vari degli e delle zapatisti/e che partecipano all’autogoverno indigeno, ha fatto alcuni esempi di come si risolvono conflitti agrari, oppure crimini e violazioni che accadono nei territori autonomi, in contrasto con la sistematica impunità o gli abusi della giustizia ufficiale. “Cerchiamo il dialogo e l’accordo tra le parti, e non confondiamo il dialogo con il negoziato”. Le sfide “sono un mucchio” – ha detto. “Ed anche se non possiamo cambiare il mondo, lottiamo affinché il mondo non ci cambi”.

Josefina, chol del municipio autonomo Akabalná e membro della JBG di Roberto Barrios, ha ricordato che i primi consigli comunali autonomi “sono stati eletti il 19 novembre del 1994, e col tempo abbiamo imparato ciò che non sapevamo. Ora ci sono delle nuove lotte, delle nuove idee”. Ha descritto con chiarezza l’ostilità dei paramilitari nella zona nord ed il ruolo dei caciques, nel tentare di rovesciare “l’altro governo” che mettono in pratica migliaia di comunità indigene del Chiapas, nonostante i successivi “tradimenti” dei governi di Ernesto Zedillo e Vicente Fox. Ed anche l’inadempienza degli accordi di San Andrés, firmati da un segretario di Governo presuntamente ubriaco, nel 1996, arrivando ai “15 minuti” e alla patetica legge indigena che la logorrea di Fox si porterà alla tomba.

Elías, tzeltal della JBG di La Garrucha, in un esemplare encomio della sovranità nazionale ha dichiarato: “Abbiamo diritto di essere autonomi dentro lo Stato di questo paese. Abbiamo diritto ai nostri propri pensieri, che come indigeni ci rendono diversi dagli altri messicani”. Ed ha ribadito: “non siamo contro la sovranità del Messico, come dicono falsamente i nemici dei popoli”.

Alla conclusione del tavolo inaugurale, la Cooperativa Nuovo Orizzonte, del Guatemala, che ha le sue origini nella guerriglia degli anni ‘80 in quel paese, ha esposto le sue proprie esperienze di governo, in un anticipo di quanto si potrà ascoltare qui nei prossimi giorni, sotto gli auspici di chi – secondo Miguel, di Roberto Barrios – considera che “il lavoro del governo è incoraggiare il popolo”, non al rovescio, come succede su scala nazionale.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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