<i>"The Name of Our Country is América" - Simon Bolivar</i> The Narco News Bulletin<br><small>Reporting on the War on Drugs and Democracy from Latin America
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Narco News Issue #45

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“Quando sogniamo da soli resta un sogno, quando sogniamo insieme possiamo trasformarlo in realtà”

I dirigenti ed i membri di Vía Campesina hanno ringraziato i compagni zapatisti per aver dato loro la parola durante l’Incontro Internazionale tra i popoli Zapatisti ed i popoli del mondo


di Murielle Coppin
Speciale per The Narco News Bulletin

9 agosto 2007

Caracol Morelia, 25 luglio - Insonni per il famoso ballo popolare della notte precedente, circa cento indigeni incappucciati e migliaia di invitati provenienti dai 4 continenti hanno assistito alle sette di mattina alla cerimonia per inaugurare il tavolo di Vía Campesina, un’organizzazione mondiale di contadini, composta da 140 organizzazioni di 56 paesi differenti. Dopo avere onorato gli elementi della vita – la terra, i semi, il fuoco, l’aria e l’acqua – che sono protetti dai contadini del mondo intero, hanno intonato l’inno dell’organizzazione e preparato così il pubblico ad ascoltare per ben 5 ore le relazioni sulla situazione dei contadini nei paesi degli invitati: Brasile, Indonesia, India, Canada, Stati Uniti e Tailandia.

Storia di Vía Campesina: di Mons (Belgio) a Morelia (Chiapas, Messico)


Foto: D.R. 2007 Moisés Zúñiga
Dopo essersi unite, 8 organizzazioni di contadini di diversi paesi nella capitale nicaraguense a Managua nel ‘92, gli scontenti del neoliberalismo sono tornati a riunirsi dopo un anno nella piccola città di Mons (Belgio), per dar vita a Vía Campesina: un insieme di “molte pietre discordi” (in totale 140 organizzazioni di 56 diversi paesi) che si oppongono alla via capitalista per risolvere i problemi dei contadini. Organizzandosi in 8 regioni (Africa – che non era presente per problemi di visto -, Europa, America Centrale, Caraibi, America del Sud, America del Nord, Asia del Sud, Asia dell’Est) avevano deciso di lottare per una Vía Campesina contro il neoliberalismo che sta annientando i contadini poveri a beneficio delle grandi corporazioni dei paesi ricchi e dei loro alleati – l’Organizzazione Mondiale del Commercio, i mal governi, la banca mondiale ed il dollaro -. Vía Campesina da allora si riunisce ogni 4 anni per discutere il piano di lavoro e le strategie di lotta sui temi più importanti riguardanti la vita nel campo (genere, sovranità alimentare, riforma agraria, commercio sostenibile, biodiversità, diritti umani, emigranti e lavoratori rurali). Vari rappresentanti del comitato di coordinamento internazionale, che è composto per metà da uomini e per metà da donne, erano presenti oggi nel caracol Torbellino de Nuestra Palabra in territorio zapatista.

Tutti vittime delle politiche neoliberali

In un mondo con così tante ricchezze culturali, lingue, ecosistemi e colori di pelle, i contadini del mondo globalizzato sono risucchiati in uno stesso meccanismo che impedisce loro di sopravvivere grazie all’attività più antica dell’umanità: l’agricoltura. I dieci anni di politiche neoliberali guardano a tutto ciò che dà la terra come merce ed hanno utilizzato milioni di dollari per lasciare le terre senza vita ed i contadini senza terre. Implementando politiche di sviluppo capitalista ed industriale, i mal governi hanno generato solo una serie di gravi problemi per i contadini del mondo.

“Il peso di tutto ricade sui poveri” – ha detto il rappresentante della Tailandia. Aggiungendo che “i governi servono solo ai ricchi. Implementano leggi che sono selettive e che variano se uno è ricco o povero o a seconda delle mafie che governano il paese… Hanno approvato leggi che ci tolgono le nostre risorse naturali. I politici sono impresari mascherati che utilizzano lo sviluppo per far del bene a se stessi”.

Soraia Soriano, rappresentante del Movimento dei Senza Terra (MST), si è lamentata delle stesse cose: “La campagna in Brasile si è trasformata in campi di soia, di canna da zucchero e di eucalipto. È lucroso per il commercio dell’agro e per il governo perché esporta tutto”. Ha criticato con forza l’alleanza Bush-Lula per controllare la produzione mondiale di biocombustibili, come l’etanolo.

“I governi amministrano la terra e le altre risorse naturali al modo occidentale” – ha deplorato il rappresentante della Tailandia.

I governi dei 5 paesi, rappresentati al tavolo, confiscano le terre dei contadini per regalarle a grandi corporazioni transnazionali che sfruttano le risorse imponendo monoculture con semi transgenici e ricorrendo a concimi chimici. Inoltre, a conseguenza dei molti trattati di libero commercio grazie al vile gioco di importazioni ed esportazioni, sono caduti i prezzi nei mercati locali. Con il pretesto di modernizzare il campo, i governi offrono crediti che finiscono per indebitare i contadini di modo tale che sono obbligati a lasciare le loro terre ed a emigrare in cerca di lavoro nelle grandi città o nei paesi del primo mondo.


Foto: D.R. 2007 Moisés Zúñiga
La crisi nel campo in India è giunta ad un tale livello che dal 1992 ad oggi si sono suicidati per la disperazione 150mila contadini. Per creare “zone economiche speciali” 140mila famiglie in India hanno perso le loro terre e 80mila lavoratori rurali hanno perso il lavoro. Resuscitando una legge del 1894, emessa durante la colonia inglese, l’India ha già comprato e consegnato ad imprese private 120mila ettari. “Da poco hanno annunciato di essere passati alla seconda fase, in cui ci toglieranno un’altra area uguale”. Secondo Yudhvir Singhe del coordinamento nazionale dell’Unione Contadina Bhartiya Kissan (BKU) dell’India, il governo inganna promettendo posti di lavoro ed un miglior futuro nelle “zone economiche speciali”. Dice che “l’unica sicurezza economica è un pezzo di terra”, nonostante ci sia solo un quarto di ettaro in media per famiglia.

Nei paesi del cosiddetto “primo mondo” si soffrono gli stessi problemi. Calisa dell’Unione Nazionale di Contadini del Canada ha deplorato che dagli anni ‘60 ad oggi i contadini – che rappresentano solo il 2% della popolazione canadese – hanno già perso la metà delle fattorie. Ed è molto difficile dar il via ad una nuova fattoria, poiché nessun giovane può accedere ai prestiti bancari.

Con l’introduzione delle monoculture gestite da corporazioni, si è perso il rispetto per la Madre Terra, le millenarie conoscenze agricole, le relazioni umane e la cultura. “I produttori di latte non possono bere il loro stesso latte, le mucche sono piene di antibiotici e non vedono mai la luce del giorno…. Gli ortaggi crescono su terreni morti per la gran quantità di prodotti chimici” – ha detto Emmanuel dell’Unione Paesana del Québec (Canada). Il delegato contadino indigeno pagaqueyor del Nord Tailandia ha elogiato l’agricoltura tradizionale: “L’agricoltura tradizionale di maggese o a rotazione rispetta la natura. Permette che la terra riposi per recuperare i minerali. Lasciamo riserve forestali nel bosco dal quale raccogliamo molti piante medicinali… per questo chiediamo il diritto di usare ed amministrare la nostra propria risorsa forestale… perché noi, indigeni, sappiamo ciò che è meglio per noi. Vivere col bosco è il nostro modo di vita”. Ha denunciato la responsabilità delle scuole pubbliche (prima l’educazione era in mano ai monaci buddisti), perché disprezzano la pratica tradizionale di maggese considerandola un “semplice taglia-schiaccia-brucia”. Sono una spoliazione indiretta: “I programmi di scuola danno un falso aiuto ai popoli indigeni… abbiamo perso la nostra storia, le nostre tradizioni, i nostri metodi di coltivazione… hanno debilitato la nostra fratellanza tra indigeni e la diversità degli alimenti”.

Di fronte a questa drammatica situazione nel campo, è necessario unirsi – come ha detto Emmanuel – affinché “l’agricoltura torni alla sua vocazione primaria di alimentare in modo sano le persone”... o con le parole di Calissa: “Dobbiamo recuperare l’agro-cultura, la cultura dei contadini, perché il territorio e la cultura del popolo vale più del denaro e del potere”.

Pronti ad andare avanti fino alla vittoria finale

L’unione fa la forza, dice il proverbio. Yudhvir Singh ha fatto alcuni esempi di come il movimento di massa contadino in India – ricorrendo all’inizio alla disubbidienza di Ghandi come arma principale – non possa essere ignorato dal governo. Così ha raccontato che 71mila contadini della sua organizzazione sono stati arrestati durante la riunione dell’Organizzazione Mondiale di Commercio del 2002 in Doha (Qatar). Al momento della liberazione, i carcerati dissero che non se ne sarebbero andati a meno che i poliziotti non andassero a lavorare nei loro appezzamenti. Naturalmente, la polizia non accettò. “Allora” – continuò – “ci rifiutiamo di uscire dalla prigione ed occupiamo tutto lo spazio della polizia. Dovettero portare cibo per 71mila carcerati e poi pagarci il ritorno alle nostre fattorie”. Grazie alle lotte quotidiane in quel vasto paese sono riusciti ad ottenere l’autonomia di due stati indigeni.

In Brasile, il MST con 2 milioni di membri è riuscito a recuperare terra (per la grandezza dell’Italia) per 350mila famiglie. “Ma” – ha detto Soraia Soriano – “dopo ci siamo resi conto che era insufficiente e che dovevamo organizzare i vari aspetti della vita di campagna, così come la produzione, la scuola, il genere e la salute”. Per questo, nel 2003, hanno inaugurato una scuola nazionale dove insegnano la vera storia e le lotte sociali nazionali e di altri paesi. Inoltre, organizzano progetti culturali per preservare l’eredità culturale. Riguardo alla salute, preparano medicine da piante medicinali. Hanno anche dato vita ad alcune cooperative di artigianato ed hanno una speciale attenzione per l’incorporazione attiva della donna nelle loro organizzazioni.


Foto: D.R. 2007 Ingrid Fadnes
Le organizzazioni contadine cercano tutte di allearsi con altri settori della società al fine di avere più peso. Per questo, alle loro lotte si uniscono “cittadini preoccupati della qualità dei loro alimenti” (Emmanuel, Canada), pescatori artigianali ed abitanti di quartieri marginali (Tailandia), avvocati amici (Brasile). E dopo si uniscono internazionalmente in Vía Campesina per promuovere rapporti economici di uguaglianza, di parità di genere, di giustizia sociale, di preservazione e di riconquista delle risorse naturali in un mondo globalizzato e neoliberale.

In questo contesto, vari delegati di Vía Campesina hanno ringraziato gli zapatisti per l’invito all’Incontro ed hanno ribadito di aver imparato molto dalla lotta zapatista. Yudhvir Singh ha detto di sentire una “grande connessione” col popolo zapatista. “Ritorno al mio paese con molte conoscenze che voglio condividere con la mia organizzazione e che utilizzeremo”. Sorai Soriano ha annunciato: “gli zapatisti sono stati una forza per noi. Affrontano mille sfide. Sono un esempio costante di come sia possibile un modo di vita diverso… siamo molto simili, abbiamo lo stesso nemico e più o meno le stesse idee. Abbiamo molti amici comuni in lungo e in largo per il mondo… È la nostra forza”.

Nonostante le similitudini ed il fatto di avere lo stesso nemico in comune, la grande differenza tra le organizzazioni di Vía Campesina e l’organizzazione degli Zapatisti sta nel rapporto col governo.

Anche se tutte si dicono autonome ed indipendenti dai partiti politici, gli Zapatisti sono gli unici a costruire un’autonomia totale in tutti gli aspetti – organizzazione, salute, educazione, commercio sostenibile, ecc. -. Sono gli unici che hanno rinunciato completamente al dialogo col governo. Sono gli unici che hanno realizzato da se stessi quanto avevano richiesto al governo traditore. Invece, le organizzazioni di Vía Campesina cercano di far pressione sui loro governi. Pure, l’unione paesana del Canada cerca di avere un riconoscimento legale come sindacato per poter influenzare le politiche alimentari. E pure, l’organizzazione della Tailandia cerca di ottenere giustizia dal governo con “i piedi scalzi e le mani vuote”. Soriano ha detto: “Vogliamo che il governo si responsabilizzi per darci case, strade, acqua potabile, elettricità, ecc. perché ha molte risorse. Deve rispondere alle nostre necessità”. Ma allo stesso tempo ha riconosciuto che non si può sempre e che quindi si vedono obbligati ad organizzarsi per proprio conto.

Sia come sia, l’Incontro dei Popoli Zapatisti con i Popoli del Mondo, oggi ha mostrato un’altra volta che le forze del capitalismo non sono dappertutto e che le resistenze e le eroiche proteste contro il neoliberalismo e per l’umanità si espandono ogni giorno di più su tutto il pianeta Terra.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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