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Narco News Issue #39

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Marcos in Queretaro: “Salteremo dentro gli Stati Uniti a parlare con i messicani e le messicane che stanno dall'altra parte”

Il cuore zapatista non ci sta nelle montagne del sudest messicano, per questo percorre il paese e potrebbe perfino oltrepassare le frontiere: Delegato Zero


di Bertha Rodríguez Santos
Otro Periodismo con L'Altra Campagna in Queretaro

8 marzo 2006

Vista Alegre Maxei, Queretaro, Messico.- Una dietro l’altra si snodano le testimonianze di indigene, contadini, studenti, intellettuali ed operai davanti al Delegato Zero zapatista. Sono storie personali, delle loro famiglie, comunità, villaggi. È la storia del Messico che si vuole salvare dalla rovina e siccome questa lotta non è solo degli zapatisti, ogni giorno va prendendo forma un movimento tanto grande che oltrepassa le frontiere.


Foto: D.R. 2006 Bertha Rodríguez Santos
Le preoccupazioni esposte al subcomandante Marcos vanno dalle lotte in difesa della terra che sono, di fatto, le più sentite, quelle che sono costate ai contadini della regione prigione, repressione e morte. A queste si somma il disprezzo verso i popoli indigeni, (in questo stato vivono i discendenti degli otomangues: chichimecas e toltechi, ñahñús e mazahuas); oltre alla disoccupazione dei giovani. Il problema dell’emigrazione è un altro dei temi che affligge i villaggi e le comunità di queste terre.

Dopo avere ascoltato decine di oratori, tra cui uomini di campagna che hanno parlato con un nodo alla gola e trattenendo le lacrime, Marcos ha esternato i suoi punti di vista.

Rispetto alla situazione delle campagne ha affermato che è in atto una nuova Guerra di Conquista nella quale i governi utilizzano il sistema giuridico e le leggi per appropriarsi delle terre comunali ed ejidali in cui sono presenti risorse naturali di grande interesse per le grandi industrie e compagnie.

Ha spiegato: “questo è perché a mano a mano che avanza il capitalismo incomincia a trasformare in merce le cose, non solo quanto si produce in agricoltura, nelle fabbriche e nel commercio, ma trasforma in merce anche la natura: l’acqua, i boschi, il sottosuolo. Sappiamo che l’esempio più noto è quello del petrolio che si trasforma in una merce e che si suppone sia proprietà della nazione, lo gestisce lo stato attraverso PEMEX ma poi è arrivato il capitalismo con le sue esigenze e la sua distruzione del mondo. L’acqua si è trasformata in una merce, l’aria, la natura, gli animali, gli insetti, le piante, tutto quello che riguarda la campagna. A queste ricchezze non facevano molto caso prima, non erano altro che parte del paesaggio, fino a che non le hanno trasformate in merce e queste terre o ricchezze sono in territori comunali ed ejidali. Non è che i governi siano interessati a occupare o recuperare queste terre per un uso specifico”.


Foto: D.R. 2006 Bertha Rodríguez Santos
Minuti prima, un contadino aveva parlato di quando nel 1975, il governo di allora espropriò centinaia di ettari per permettere la costruzione della strada Chichimequillas-Queretaro; quello stesso anno fecero la stessa cosa per installare un Centro di Reinserimento Sociale (CERESO), un reclusorio municipale ed un Consiglio Tutelare per Minori. Nel 1984, i contadini sollecitarono l’ampliamento dell’ejido ma in risposta ottennero repressione da parte dell’allora governatore Mariano Palacios Alcocer.

Al riguardo, il Delegato Zero ha detto: “Indigna veramente ed è la prima volta che sentiamo che sia stata tolta la terra ai contadini per costruire una prigione per metterli dentro, per fare un Consiglio Tutelare per Minori, un modo elegante di dire una prigione per minorenni. E chi c’entra lì? Non certo i figli della primadonna, Martora Sahagún, mettono i figli degli stessi contadini ai quali hanno tolto le terre e in questi tribunali sono giudicati i contadini che si ribellano a tutto questo. Non è che il governo ha installato un impianto produttivo, ha distribuito la terra ad altri contadini o ha fatto qualcosa a beneficio della comunità, ha costruito invece una prigione per i giovani, per gli adulti che vivono su queste stesse terre”.

Per il contadino, ha detto, “c’è una doppia prigione che implica che gli tolgano la terra e lo lascino senza possibilità di lavorare ed inoltre la prigione vera dove lo sbattono se lotta per i suoi diritti perché sappiamo che le prigioni, come ci hanno raccontato i compagni leader del FIOZ (Frente Independiente de Organizaciones Zapatistas), è per la gente che lotta, per la gente che si ribella e non solo qui in Queretaro, e non solo nel FIOZ, ma l’abbiamo sentito in tutti gli stati dove siamo passati, della prigione o della persecuzione o dell’offerta di andarsene in un altro stato, l’esilio è la risposta che i governi danno alla gente che lotta per i propri diritti”.

Ha poi aggiunto: “In questa nuova fase non è come prima che il governo prendeva la terra, l’espropriava per i propri interessi, adesso, come stavano dicendo i compagni della Sierra, i compagni di La Veracruz, Queretaro ed anche di altre parti di Hidalgo, di Tlaxcala, di Puebla, di Oaxaca, il governo toglie le terre ai contadini solo per rivenderla agli investitori privati in molti casi, nemmeno al deputato o senatore che sta facendo la legge. Il giudice che accoglie il ricorso o che lo nega, di fatto è un impiegato di quelle grandi imprese ed esegue i loro ordini”.

Ha proseguito, “Le modifiche apportate alla costituzione e tutte le leggi che stanno varando i partiti politici, tutti – PRI, PAN e PRD - sono leggi destinate a dare carattere legale al furto, alla Guerra di Conquista che stanno riproponendo nella campagna messicana, non è qualcosa che si sappia molto, ma tutte le leggi sulle risorse naturali, sul mais transgenico, la Legge sulla Biodiversità approvate per maggioranza dai partiti politici, sono leggi a beneficio delle grandi imprese e tolgono alle comunità il diritto di decidere sulle proprie terre.”

I governi agiscono coscientemente a favore dei capitalisti:

“In Messico ci sono due leggi, la legge dell’alto e la legge del basso. La legge dell’alto per la campagna messicana è dettata da una Guerra di Conquista, chiaramente di distruzione e furto, di terra bruciata, dove invece di usare le bome vengono usati quei programmi governativi come il Procede e Procampo che consistono nell’isolare il contadino, lasciarlo senza niente ed obbligarlo a vendere… prima non si poteva perché l’ejidatario non poteva disporre della terra perché è proprietà dell’ejido ed il comunero non poteva disporre della terra perché è proprietà della comunità”.

“I ricchi ed i politici che sono al suo servizio hanno realizzato studi del sottosuolo, delle ricchezze… si tratta di conquistare le terre… il governo non legalizzerà queste terre perché il suo obiettivo è impadronirsene. La campagna messicana non ha più scampo all’interno del sistema ma l’unico modo di risolvere il problema delle campagne messicane è ribellarsi, distruggere il sistema che si sta applicando lì, il capitalismo; cacciare via tutti i proprietari terrieri. E adesso questa novità che chi ambisce alla terra non è più solo il proprietario terriero, ma ormai è l’industriale, e non solo l’industriale, quello dei servizi, ma quello che fa gli alberghi, che sfrutta l’acqua o le risorse strategiche. E’ questo che adesso ambisce alla terra. Orami dobbiamo combattere non solo contro il proprietario terriero che ha molte estensioni e ci fa lavorare come schiavi. Non è più l’epoca porfirista. Adesso chi possederà la terra sarà un proprietario terriero che non ha più bisogno di schiavi; gli avanziamo, lo disturbiamo, ci deve eliminare. Vogliono portare il contadino alla miseria estrema calcolando che non ha più la forza, l’energia, il coraggio di ribellarsi come nel 1910”.

In quanto al problema dell’emigrazione ha commentato che “i gringo stanno dicendo che chiuderanno la frontiera, non gli piace che stia entrando tanto “frijolero“, come chiamano i messicani che attraversano il confine, perché se capita che i messicani che i gringo non amano, vogliono ribellarsi quando sono già dentro, come fare a cacciarli via? Chiudono la frontiera creando così una pentola a pressione dentro il Messico, che può esplodere in qualsiasi momento”.

Alcuni oratori commentano che questa lotta è di lungo respiro e dubitano di poter vedere qualche cambiamento, al che il subcomandante ha risposto: “O lo vedremo noi o non lo vedrà nessuno, perché se noi non creiamo questo movimento a livello nazionale, non solo la campagna ma tutta la Repubblica sarà distrutta, tutta la nazione, perché questo è il neoliberismo: un grande Mercato dove vale quello che produce e quello che ha il potere di consumare”.


Foto: D.R. 2006 Bertha Rodríguez Santos
Una soluzione radicale, ha sottolineato, “è cambiare tutto, che la terra sia di chi la lavora, disconoscere tutti gli accordi del governo, i documenti. Al diavolo la Riforma Agraria, i tribunali agrari, i giudici, i ricorsi, tutto. L’unica cosa di cui abbiamo bisogno è la forza organizzata perché questa terra è nostra perché noi la lavoriamo, che fu dei nostri padri, dei nostri nonni. E se arriva il Senatore Diego Fernández de Cevallos o qualcun altro a dirci che qui ci stanno dei documenti, non vale… il suo sistema giuridico, le sue leggi sono fatte per servire i ricchi… Bisogna ricostruire il tessuto sociale della comunità, costruire relazioni con altre organizzazioni. Il risultato di tutte le lotte deve essere un altro paese che nasca dall’Altra Campagna”.

Ha commentato che si formando una lotta nella quale l’EZLN si unisce alle lotte locali-regionali a “tutte le organizzazioni che non basta una pagina per scriverci tutti i loro nomi, non basta un paese per contenere il loro cuore. Questo comincerà nonostante…che siamo tanti o siamo pochi ma il nostro cuore non ci sta nelle montagne del sudest messicano; per questo stiamo facendo questo lavoro e probabilmente non ci sta nemmeno alla frontiera del Río Bravo. Dunque, salteremo dentro gli Stati Uniti, per parlare con i messicani e le messicane che stanno dall’altra parte“.

Durante l’incontro, il blocco indigeno ha manifestato le sue sofferenze. Una donna Ñahñú ha detto tra le lacrime: “Quando abbiamo fatto il presidio dormivamo in terra. Usavamo dei cartoni per coricarci. Qualcuno ci diceva ‘Ehi! Questi cani vanno a dormire e si stanno facendo la cuccia’, ci dicevano. Di notte ci svegliavano perché dicevano che dovevano lavare le strade, ci svegliavano all’una, alle due del mattino. Ci alzavamo perché la gente che passava di ì ci gettava addosso l’acqua. Entravamo nei bagni e quelli che stavano lì, segretarie o non so che, addirittura si turavano il naso per lo schifo che avevano di noi: ‘sono arrivati quegli indios’, dicevano. Ed allora io dissi ad una ragazza di ringraziare dio degli indios che ci sono. ‘Uh! Da dove è venuta fuori una cagna che osa rivolgersi a me?’ mi rispose. Allora, le dissi: ‘grazie a Dio dove è stato battezzato il meticcio è stato battezzato l’indio’. Abbiamo sofferto molto da queste parti”.

José Ricardo Balderas Hernández, indigeno di San Miguelito, ha raccontato la storia di repressione e maltrattamenti subiti per aver difeso le loro terre. Per molti anni sono stati perseguitati dalla polizia. A volte, sono stati “legati come animali” per poi essere portati in prigione per aver difeso le loro terre.

Nonostante questa situazione, i circa 600 partecipanti hanno manifestato la loro volontà di unirsi all’Altra Campagna.

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