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Narco News Issue #41

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Immagini distorte dell’altra campagna


di Gilberto López y Rivas
La Jornada

30 giugno 2006

Sorprende che Guillermo Almeyra sostenga che l’altra campagna soffra “povertà di idee” e di “carenza di politica”, quando a partire da questa iniziativa sono state elaborate analisi di colleghi come Pablo González Casanova, Immanuel Wallerstein, Raúl Zibechi, Adolfo Gilly, Carlos Aguirre Rojas, Andrés Aubry, Sergio Rodríguez Lazcano, Luis Hernández Navarrese, Marcos Roitman, tra gli altri, e dello stesso subcomandante insurgente Marcos.

Basta leggere le riviste Contrahistorias, numero 6, e Rebeldía, riguardarsi il giornale internet Rebelión, le pagine del Centro di Documentazione su Zapatismo e di Enlace Zapatista e, soprattutto, analizzare il contenuto degli interventi degli aderenti nelle riunioni fatte dalla Commissione Sesta – che Almeyra qualifica come “sofferenze popolari” – per ritrovare la profondità, dal dibattito intellettuale all’azione politica, di questa iniziativa dispiegata dall’EZLN, assunta da molti come un’alternativa per il cambiamento sociale.

Risalta come temerario affermare che all’interno dell’altra campagna non si sia discusso su “come portare avanti l’autonomia e l’autogestione che hanno cominciato ad apparire in Chiapas” quando nel quarto Congresso Nazionale Indigeno, pietra angolare dell’altra campagna e con più di 800 delegati di tutto il paese, il municipalismo è diventato la bussola del suo camminare presente e futuro. Nella riunione “Lavoratori intellettuali con l’altra campagna: un’altra teoria?”, a Guadalajara in marzo, ho presentato una relazione intitolata: “Democrazia tutelata v/s democrazia autonomista [ Rebelión – 28/3/06], la cui base di argomentazione è proprio l’esperienza delle giunte di buon governo e dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti (MAREZ).

Allo stesso modo, Raúl Zibechi in un paragrafo significativamente intitolato: “L’autonomia come strategia, l’altra come tragitto”, scrive: “ L’altra può essere interpretata come una sorta di continuazione – naturale, ma ampliata – della costruzione della autonomie dal basso, in ribellione aperta contro lo Stato centrale. Lungo questa strada non solo si comincia a costruire un altro potere, ma si aprono pure le porte per il modo di relazionarsi di diversi individui su un piano di uguaglianza e si abilita la democratizzazione dei diversi individui sociali che partecipano al processo [“Lo zapatismo e l’America Latina: l’altra e noi” – Contrahistorias, op. cit., p. 69].

Anche Immanuell Wallerstein sostiene al riguardo che l’altra campagna ad un primo livello è “tentare di organizzare una campagna in tutto il Messico, oltre che in Chiapas – nei fatti, per creare una grande alleanza delle forze popolari in Messico, con due aspettative a breve termine -, in primo luogo affinché le autonomie di fatto possano stabilirsi anche in altre regioni del Messico ed al secondo posto perché questa forza combinata di quelle multiple autonomie diventi capace di creare una pressione così immensa sullo Stato messicano, che alla fine lo obblighi a riconoscerli giuridicamente [“L’altra campagna in una prospettiva storica” – Contrahistorias, op. cit., p. 76].

Anche solo nella riunione di Guadalajara sono state presentate 18 relazioni che hanno toccato molti dei temi nazionali ed internazionali che Almeyra afferma che l’altra campagna “non mai toccato in nessun momento”, come problemi ecologici, territoriali, gli immigrati negli Stati Uniti, l’attuale politica dell’imperialismo, le sue guerre di aggressione, i movimenti sociali in America Latina, così come molti altri che lui non ha notato, come la crisi del sistema dei partiti che corrisponde alla crisi globale dello stesso sistema capitalista neoliberale, la degradazione della classe politica messicana, il suo abbandono delle considerazioni etiche, le caratteristiche della logica antisistemica ed anticapitalista, eccetera.

Pablo González Casanova, per esempio, nel suo articolo “Lo zapatismo ed il problema del nuovo nella storia”, fa un’importante constatazione dalla sua posizione come aderente all’altra campagna: “La necessità di precisare le diversità che sono compatibili e quelle che sono incompatibili si accentua quando si propone che il progetto sia anticapitalista e che per raggiungerlo, più che dipendere dalle forze per partecipare alle elezioni ed ai partiti del sistema di potere egemonico, ci si deve proporre di cambiare la correlazione di forze nella società, organizzando tutti quelli che per i loro ideali o le loro necessità vitali, o per la loro esperienza quotidiana condividono gli stessi obiettivi di giustizia, democrazia, libertà [ Contrahistorias, op cit., p. 36].

È grave l’asserzione che si fa “sull’evidente accordo col Governo, che permette – afferma Almeyra – la libera circolazione del leader mascherato di un esercito insurgente a condizione che questi tolga l’appoggio a colui che i settori dominanti vedono come pericoloso…” (riferendosi al candidato per la presidenza, Andrés Manuel López Obrador). Se l’EZLN ha e conserva un’autorità morale è perché non ha fatto altri accordi con lo Stato messicano che quelli firmati in San Andrés nel 1996. È evidente che non esiste un “aggiustamento” con l’attuale Segreteria di Governo che obblighi il portavoce e capo militare dell’EZLN ad agire politicamente come fa comodo al governo foxista ed ai “settori dominanti” come condizione per permettere la sua mobilità. La libera circolazione sul territorio del subcomandante Marcos è stata guadagnata dalla partecipazione attiva di milioni di messicani che appoggiano la lotta dei maya zapatisti ed è pure l’effetto di una legge non abrogata, però dimenticata da Almeyra.

L’altra campagna è qualcosa di più che l’immagine distorta che presentano i suoi detrattori: è, soprattutto, un altro modo di fare politica.

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