<i>"The Name of Our Country is América" - Simon Bolivar</i> The Narco News Bulletin<br><small>Reporting on the War on Drugs and Democracy from Latin America
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Narco News Issue #46

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Parole del Subcomandante Insurgente Marcos

Intervento della Commissione Sesta nella subsede di Rancho El Peñasco - 8 e 9 ottobre 2007


di Subcomandante Insurgente Marcos
Enlace Zapatista

17 ottobre 2007

Intervento della Commissione Sesta nella subsede di Rancho El Peñasco

Incontro dei Popoli Indigeni d’America

8 ottobre 2007

Buon pomeriggio

Vogliamo ringraziare prima di tutto la famiglia Monroy che è quella che in condizioni eroiche sta conservando questo rancho, questo posto di vita e di apprendistato, per i bambini e le bambine ed i giovani di questo paese e di altre parti del mondo, sull’importanza dell’attenzione e del rispetto della natura.

Un anno fa eravamo qui in ottobre, nel nordovest del Messico, in Sonora. E fu la parola del Tohono Odam che ci richiamò l’attenzione su quanto stava succedendo in questa terra. Fu indigena e fu donna la voce che ci parlò: Ofelia Rivas.

Fu quella che incominciò a parlarci di quanto stava succedendo con La Madre Terra, con l’aria, l’acqua, gli animali, che sono quello che noi chiamiamo La Madre Natura.

E ci diceva che le frontiere ed il denaro avevano diviso il territorio indigeno e che questo era quello che stava distruggendo tra le altre cose una delle zone più ricche in biodiversità che esiste nel mondo, che si trova qui in Sonora ed è il deserto.

Quando arrivò il denaro, privatizzò i centri cerimoniali, dove i nostri saggi ed i più anziani delle nostre tribù riuscivano ad equilibrare il mondo e la natura.

Tutte le disgrazie che verranno – ci disse – hanno a che vedere col fatto che si è perso il rispetto per La Madre Terra, che è diventata una prostituta, che si vende a chi ha denaro.

Coloro che sono incaricati di custodirla: I Popoli Indios, sono stati attaccati e sterminati. Il Tohono Odam, il Pápago è straniero nella sua stessa terra. La stessa cosa è successa alla nazione Coomcaa, al Seri, al Pima, al Mayo Yoreme ed allo Yaqui.

Due volte invisibili per il denaro. Invisibili perché non producono e non comprano, perché non hanno carte di credito. Ed invisibili pure al momento dei loro diritti.

Fu in Sonora dove scoprimmo i Popoli Indios del Nord del Messico. Ed appena alcuni mesi dopo queste parole di Ofelia Rivas, è arrivata la natura a far pagare il suo conto qui in Sonora, in Messico ed in tutto il continente.

Sono iniziate ad arrivare catastrofi naturali fuori tempo e fuori luogo. E dopo molti anni Sonora ha sofferto l’impatto di un ciclone o di un uragano che ha distrutto le case ed i beni di molta gente povera.

Come se la natura stesse avvisando su ciò che succederà se non facciamo qualcosa.

Mentre questo succede, lassù in alto ci si sta vendendo una menzogna. Per quelli là in alto e per molta gente, i popoli indios dell’America del nord sono quelli che presenta il cinema di Hollywood. Sono gli extra che servono affinché i bianchi si possano far belli al momento di ammazzarli. O è un modo per far ridere, come se l’indigeno in Messico fosse un burattino o un pagliaccio. O come se l’indigeno dell’America del nord fosse il prototipo del criminale e l’indigeno del Messico il prototipo del fannullone.

Uno dei propositi di questo incontro è rompere con questa falsa immagine di noi stessi. Non stiamo ricorrendo agli specialisti o ai libri per conoscere il popolo indigeno nordamericano, ma ai loro stessi leader, capi e delegati di tribù.

In questi giorni ed in queste ore centinaia di popoli indigeni di tutto il continente attraverso i loro delegati stanno attraversando le terre, le arie ed i mari di questi continenti, per riunirsi in Vicam, territorio della tribù Yaqui, qui in Sonora.

La parte più importante di questo incontro è che la nostra voce come popoli indigeni sia ascoltata dagli altri, che possiamo nominare noi stessi i nostri dolori e possiamo incominciare a dare nome alla medicina.

La missione che abbiamo come popoli indio è semplice: salvare il mondo.

Non si tratta qui di chi ha e chi non ha. Le recenti catastrofi naturali che colpiscono il continente ed il mondo non decidono in base ai conti in banca l’ora della distruzione, né in base alla filiazione politica, o al credo religioso, o al colore della pelle.

Noi sappiamo che il governo usa queste catastrofi per fare dichiarazioni ai mezzi di comunicazione, ma non per risolvere il problema.

Noi pensiamo che è la gente in basso, che sono i popoli indios del continente e la gente di tutti i colori che sta insieme a noi, coloro ai quali compete far qualcosa per restituire alla terra l’onore che ci ha dato, che è quello di vivere.

È un segnale, un buon segnale, che l’incontro dei Popoli Indios dell’America del nord, inizi in territorio del Tohono Odam ed inizi il giorno in cui un uomo sognò l’unità di questo continente nel momento della sua morte: Ernesto Che Guevara.

Abbiamo molta speranza nella vostra parola, in ciò che impareremo. E speriamo che molta gente nel mondo, nei mezzi di comunicazione ed in tutti gli angoli di questo pianeta, impari insieme a noi dalla vostra parola, dalla vostra storia, dai vostri dolori e dalla medicina che sarà collettiva o non sarà.

Grazie.

Parole del Subcomandante Insurgente Marcos a chiusura della quarta riunione preparatoria
Rancho El Peñasco – 9 ottobre 2007

Buona sera

In tutto questo si tratta di vita o di morte.

Noi siamo l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. E ci siamo posti questa alternativa tra la vita o la morte già quasi 13 anni fa.

Per altri gruppi sociali, l’alternativa è tra il potere, il denaro, o vivere bene.

Per i popoli indios d’America l’alternativa è la scelta tra vivere o morire.

Come popoli di radici maya, i popoli zapatisti hanno affrontato la minaccia di essere sterminati. Non per le bombe, non per le pallottole con cui ci stavano ammazzando, ma per le malattie. Per la miseria e per la povertà. Ma la malattia più pericolosa, quella che ci stava ammazzando di più, è l’oblio.

Per questo dicemmo che ci ribellavamo contro l’oblio. La nostra guerra è una guerra contro l’oblio.

Sul cammino di fuoco che percorrevamo abbiamo incontrato voi e gente come voi. Ed abbiamo scoperto che l’arma della parola era migliore rispetto all’arma da fuoco.

Dal 1994 abbiamo sempre insistito sulla parola, anche se non ci rivolgiamo più a quelli che stanno in alto, ai governi, ma alla gente del basso, come voi.

Poco fa un compagno Tohono Odham ci ha dato questa mappa: È The Human Border, Frontera Compasivas. Se guardate da vicino questa mappa, si vede il territorio Tohono Odham.

Tutti quei puntini che vedete nei loro territori sono migranti morti. Più di mille morti ufficiali e probabilmente il doppio non registrate.

Quando noi, popoli indios, siamo stati messi al mondo, ci è stata raccomandata la vita della natura e della gente.

Ma questo è quello che stanno facendo i governi: stanno trasformando i nostri territori in un luogo di morte.

Per questo motivo, questa è una lotta tra la vita o la morte. E sto parlando del Tohono Odham perché è colui che ci ha ricevuto. Nei viaggi che abbiamo fatto lo abbiamo conosciuto. Ed abbiamo capito ed ammirato il suo apprezzamento per la vita. Non la vita individuale ed egoista, ma la vita nel collettivo, in comune, in comunità.

Mentre i governi di Stati Uniti e Messico non fanno niente per rimediare alla morte che miete, che colpisce i nostri compatrioti che muoiono per attraversare la frontiera, i Tohono Odham e molti gruppi sociali non indigeni cercano di trasformare questo in un progetto di vita e non di morte.

Dopo esserci riuniti qui in questi giorni, domani andremo a Vicam. Lì ci incontreremo con altri popoli indios che non conosciamo e ascolteremo nella loro parola questa alternativa: vita o morte.

Noi diciamo che lottiamo per la terra,
che lottiamo per la vita,
per queste bambine e bambini.

Per renderci forti in questa lotta ci voltiamo a guardare indietro,
al passato,
alle nostre radici,
a quello che siamo stati,
ai nostri anziani,
alla gente che più anni,
agli anziani ed anziane,
alla lingua,
all’abito,
al canto,
alla danza,
a quanto ci rende ciò che siamo.

Mentre da altre parti, là in alto, si vergognano di quello che sono,
del colore della loro pelle,
della loro lingua,
del sangue che scorre nelle loro vene,
noi popoli indios lo portiamo con orgoglio,
perché quello che altri disprezzano
Significa Vita.

Di questo si tratta questo incontro, compagni e compagne.

In questo incontro c’è gente che non si nota, e noi ci sforziamo sempre di vederli ed ascoltarli, anche se non si vedono e non parlano.

Ribadiamo la nostra gratitudine alla famiglia Monroy, che ha mantenuto la sua parola di alloggiarci e riceverci in questo importante incontro: don Wenceslao, molte grazie.

Il maestro Pastel ed il suo gruppo culturale. L’abbiamo conosciuto fin dalla prima volta che siamo venuti qua ed abbiamo compreso il suo interesse nel cercare le radici e la vita. Blake, che forse, volendolo o non volendo, è stato un ponte molto importante per noi verso i Popoli Indios del Nordamerica. Don José, governatore tradizionale Tohono Odham, che fin dal primo giorno ci ha aperto il suo cuore e ci ha parlato con sincerità.

Ringraziamo i compagni e compagne che hanno redatto le relazioni, quelli che hanno installato questo palco, le luci, l’impianto sonoro, il presentatore e la traduttrice.

Vogliamo ringraziare tutti. Noi pensiamo che questo primo incontro che c’è stato tra noi diventerà più grande ora che ci incontreremo a Vicam con altri popoli.

Qui abbiamo trovato una cosa comune che è difficile trovare.
Qualcosa che ci unisce, che ci rende uguali.
Al mohok, al dakota, al rarámuri.
Ed abbiamo scoperto che ciò che ci unisce è il dolore.

A partire da dopodomani a Vicam, scopriremo che ci unisce anche la lotta per la vita.

È un onore andare a Vicam in vostra compagnia.

Per noi che rappresentiamo gli indigeni zapatisti,
che viviamo e lottiamo
nell’ultimo angolo di questo paese che si chiama Messico.

Molte grazie

Subcomandate Insurgente Marcos

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